Quando Andrea Agnelli e le altre grandi squadre europee decisero di fondare il progetto Super Lega, dal mondo del calcio si alzò unanime e prepotente il grido di sdegno per chi voleva distruggere uno sport che apparteneva a tutti. Si coniò la forte ed emozionante definizione di “calcio del popolo”, proprio per enfatizzare come la Super Lega, ennesima prepotenza da parte di chi aveva soldi e potere, rappresentava un modo per togliere divertimento, passione e valore a chiunque amasse il pallone, giovani soprattutto. Eppure dopo questo slancio nell’attaccare i massimi sistemi del calcio, tirando in ballo i più fondamentali e sacrosanti diritti, le grandi istituzioni calcistiche a volte si perdono in un bicchier d’acqua.
Perché difendere quei valori, quegli ideali da Libro Cuore che dovrebbero sempre riempire lo sport più bello del mondo, certe volte sarebbe proprio semplice. Sarebbe bastato infatti che il giudice sportivo in settimana avesse adottato un qualunque provvedimento ai danni di Davide Faraoni, che durante Juventus-Verona di sabato scorso, dopo aver visto entrare in porta il pallone a opera dello juventino Moise Kean, è stramazzato al suolo come neanche in un combattimento in Dragon Ball o nei Cavalieri dello Zodiaco. La simulazione fu chiara a tutti in quel momento, le immagini infatti inchiodarono la sceneggiata di Faraoni, eppure nessun provvedimento è stato preso dal giudice sportivo.
Di certo non una bella figura da parte delle istituzioni sportive e sicuramente non un bell’esempio da dare ai giovani, che magari nel “calcio del popolo” vedono come idoli i calciatori e perciò modelli da imitare. Come mai, si chiedono gli sportivi, nessuna squalifica è stata sanzionata ai danni di Faraoni? Eppure non siamo nell’antico Egitto, dove gli antichi Faraoni si risvegliavano dopo la morte come divinità. Il buon Faraoni veronese si è ben guardato dal rialzarsi dopo il gol di Kean, visto che il pallone dello juventino era entrato in porta e la sua squadra sarebbe stata così in svantaggio.
Ma nessuno si aspettava di veder risorgere Faraoni, perché un simulatore non si fa tanti problemi di valori e di ideali. Sta alle istituzioni calcistiche intervenire e punire simili comportamenti. Ma forse, a pensar male, una squalifica per l’imbarazzante e puerile comportamento di Faraoni sarebbe stato un riconoscimento alla regolarità del gol di Moise Kean, ingiustamente annullato da arbitro e var.
Così gli sportivi sono costretti a leggere che il procuratore federale Giuseppe Chinè arriva a chiedere documenti relativi al presunto colpo inflitto da Federico Gatti a Milan Djuric in Juventus-Verona, mentre Faraoni non viene neanche sanzionato per la patetica simulazione durante la medesima partita. Il “calcio del popolo” è bello e va difeso, così come i valori del nostro calcio, anche se talvolta ciò costringe ad ammettere un errore nei confronti dell’odiata Juventus. Perché la squadra bianconera contro il Verona è riuscita a vincere, nonostante tutto, mentre procura e FIGC rischiano di perdere ben più di una partita, perché la credibilità e l’integrità non si recuperano neanche con un gol al novantesimo.