Non bastava l’ostilità atavica verso i giovani italiani, ora viene fuori pure quella contro i giovani stranieri. Eppure, considerata la quantità di giocatori esteri di qualità estremamente bassa che è presente nel nostro campionato, bisognerebbe tenersi stretti quelli buoni.
Samuel Iling non è un campione, ovviamente. È troppo giovane per esserlo. Però è un elemento che ha mostrato qualità importanti tutte le volte che è stato chiamato in causa. La frenesia di liberarsene può anche essere concepibile, ma in pegno di un elemento che contempli non solo esperienza, ma anche una qualità di un certo tipo. Pierre-Emile Hojbjerg non è senza dubbio tra questi, pur non volendone parlare assolutamente male.
Parliamo di un buon giocatore ormai maturo ma che non rappresenta, almeno carriera e caratteristiche alla mano, alcun grande passo avanti. Se proprio ci si deve privare di un giocatore di prospettiva come Iling, almeno che lo si faccia per un pezzo da novanta. Altrimenti si fatica a comprendere una logica di mercato che sembra sempre più orientata alla tanto agognata “esperienza” mettendo in secondo piano la qualità. E questo non perché il danese non ne abbia, ma semplicemente perché non appare come chissà quale elemento di svolta. Dopo di che, lo sappiamo bene, il calcio è imprevedibile.
Ciò che sappiamo è che si possono fare due scelte: provare a far crescere un “elemento di svolta” in casa propria o prenderlo altrove. Per la seconda opzione, lo sappiamo, mancano le risorse economiche. E allora tanto vale cercare di estrarre dalla propria miniera casalinga.