C’è poco da stare a discutere: in politica come nel calcio, la giustizia ai massimi livelli non esiste. Esistono solo ed esclusivamente lotte di potere in cui a pagare è il Re sul trono a vantaggio del congiurante. Non c’è un’altra interpretazione.
Calciopoli – su cui si rumoreggia ancora, tra scudetti revocati all’epoca, ricorsi, rinunce e “ritorni alla carica” – non fa eccezione. Intercettazioni interpretate a senso unico, su tutte quella, ridicola, di Luciano Moggi e “l’arbitro Paparesta rinchiuso nello spogliatoio” dall’allora direttore sportivo bianconero, che in una telefonata – si è chiarito dopo – aveva scherzato su un fatto mai avvenuto, come peraltro confermato dallo stesso ex-arbitro a più riprese, anche recentemente.
Ancora più comico – o tragico a seconda dei punti di vista – che si trattasse di una partita persa dalla stessa Juventus, peraltro anche con un gol annullato ingiustamente a Zalayeta. Insomma, l’esatto opposto della narrazione.
Intercettazioni su tutte le squadre, questo sì. Ma a valere furono solo quelle – non sempre efficacissime – bianconere. Per essere onesti intellettualmente, è logico che Moggi che si lamenta dell’arbitro “sbagliato” al telefono sia un problema, ma lo è molto di meno dei fratelli Della Valle – esempio – che inciuciano con Innocenzo Mazzini per ben tre partite al fine di condurre la Fiorentina alla salvezza. Tutt’oggi, quelle chiacchiere furono oggettivamente i riscontri maggiori, in termini di tentativi di condizionare le partite (peraltro, quasi tutti falliti, ma questo è un altro discorso).
Oppure ciò che avvenne con il cosiddetto Calciopoli bis, quando si scoprì che anche quel sant’uomo di Giacinto Facchetti telefonava ad arbitri e designatori. Non parliamo nemmeno della discrasia con i risultati sul campo, che fa ancora più ridere a crepapelle. Si fosse parlato del campionato 1997/1998, insomma, dove la differenza tra la Juventus di Marcello Lippi e l’Inter di Gigi Simoni era di pochi punti. Macché si parla delle due annate di Fabio Capello, la 2004/2005 e la 2005/2006 dove il distacco dalle inseguitrici era non ampio, ma siderale. Il secondo scudetto revocato trova la Juventus a ben 91 punti, con 27 vittorie, 10 pareggi e 1 sconfitta. Un dominio talmente netto che pure di errori arbitrali non si riusci a parlare fino a febbraio, a giochi praticamente chiusi (e lo ricordo benissimo).
La verità è che la giustizia non esiste. Quanto meno a livelli alti. La Juve era al vertice di un sistema di potere e c’era chi era interessato a detronizzarla, fatto avvenuto puntualmente. La ricerca della verità, però, è ben altra cosa. Teneteli pure quegli scudetti, onestamente frega zero. E non capisco perché ci sia qualcuno che ancora insiste a inseguire i nani.