Di Canio che “la mena”, il nostro numero uno che “acconsente”…quante pippe mentali, perdonate il gergo volgare, ma ogni tanto ci vuole. Ad essere operai non c’è niente di male o di sbagliato. Sono innumerevoli le squadre che hanno vinto e trionfato da operaie, ma la verità della storia sportiva deve essere taciuta in nome di non si capisce bene quale verità assoluta dello spettacolo come sinonimo di forza.
Zdenek Zeman è stato un allenatore spettacolare, sempre, e non ha mai vinto nulla. Marcello Lippi è stato al suo contrario un allenatore poliedrico, ha gestito anche squadre offensive e belle da vedere (questo viene ricordato poco), e ci sono differenze tra “le sue” Juventus (molto più spartane le prime, decisamente devastanti offensivamente le ultime), ma insomma, il concetto è uno: ha vinto in tutti i modi. Anche soffrendo e anche giocando “all’operaia”.
Essere operai inoltre può voler dire tante cose, non necessariamente subire e basta. Si può essere operai buttandola dentro una volta e poi non facendo passare uno spillo, si può essere operai giocando di rimessa e quindi rischiando di buttarla dentro non una, non due, ma diverse volte, con buona pace del solito tiqui taca. L’unica discriminante che dovrebbe far preoccupare è subire occasioni da rete, non il fatto di giocare difensivamente o meno. Se sei arrocato ma subisci continue occasioni da rete, sei debole. Se sei arroccato ma l’avversario non riesce a tirare in porta, sì, sei più forte tu. Anche se non sei spettacolare.
Noi da operai abbiamo vinto uno scudetto, il primo di Lippi nel 1995, e una Champions League l’anno dopo. Facendo pure a fette la difesa di un Ajax che per puro miracolo – e per enormi sprechi dei nostri attaccanti – non uscì da quella sfida con un passivo di 3 o 4 reti.
Parere personalissimo di chi scrive: non mi interessa nulla del bel gioco della mia squadra. Mi interessa che sia forte. Ovviamente non sputerei sopra allo spettacolo. Ma la bellezza estetica mi cattura decisamente di più quando non sono coinvolto. Se tifo, può anche andare a farsi benedire. Con permesso.