La Gazzetta dello Sport ci tiene ad analizzare tutto l’analizzabile, deliziandoci ieri con un articolo dal titolo piuttosto inequivocabile: La Juve e quel tiro da fuori che non c’è: poche squadre in A fanno peggio.
Bene. Ne segue una motivazione “oggettivizzata”, ovvero alcune dichiarazioni di Max Allegri presentate come una richiesta di “necessità” della pratica in questione. Nulla di più superficiale, sinceramente. Il mister ha infatti detto che “in due o tre occasioni avremmo dovuto concludere dai 20-25 metri”, non che senza tiro da fuori non si possa sopravvivere. Chiaro e logico che, avendone la possibilità, non mostrare cattiveria e non tirare da fuori area sia un’occasione persa. Ma farne addirittura un elemento di studio appare decisamente eccessivo.
D’altronde lo stesso Allegri, dopo il pareggio di Bergamo, ha anche detto un’altra cosa, ovvero: “Dovevamo verticalizzare di più”. Che significa “verticalizzare”? Andare in profondità, senza troppi giri di parole o analisi statistiche che lasciano il tempo che trovano. E se si va in profondità, si tira ovviamente meno da fuori. Tralasciando l’analisi su una statistica – quella riportata dalla Gazzetta – francamente inutile, occorre chiedersi (senza avere certezze pseudoscienfitiche) se il fatto che la Juve “tiri poco da fuori” sia effettivamente un male o meno.
Perché tirare da fuori significa anche arrivare di meno in porta palla a terra. Di conseguenza “conteggiare” è un’esercizio statistico utile più al virtuosismo matematico che non alla ricerca di eventuali soluzioni. “Juve, pochi tiri da fuori”. La domanda sorge spontanea: e quindi?
