Ieri abbiamo sottolineato gli aspetti positivi di un progetto comunque pioneristico e d’esempio per il contesto italiano, quale è quello della Juventus Next Gen, squadra “bis” bianconera che milita nelle serie minori fondata nel 2018.
Oggi ci permettiamo di riflettere su un aspetto negativo e criticabile della seconda squadra bianconera. Ovvero, il limite d’età. Sembra sempre complicatissimo, in questo Paese, spingere più in là l’acceleratore e non tenere il piede pigiato sul pedale del freno con tanta attenzione. A 23 anni è già troppo tardi per provare a far giocare dei calciatori di prospettiva ad alti livelli. Vero è che, in pratica, questo limite nella Juventus Next Gen sarà raggiunto negli anni da chi – si spera vivamente almeno – si sia dimostrato meno affidabile o talentuoso di altri, e che nel caso dell’emersione di qualità particolari il dirottamento nella prima squadra – e quindi, in serie A – potrebbe avvenire prima.
Ma la struttura produce anche possibilità in più o in meno, è innegabile. Pescando da 100 puoi ricavare 10, facendone giocare 10 ai massimi livelli il più presto possibile aumentano banalmente le possibilità di pescare le ciambelle giuste, i giocatori forti e aiutarli anche a responsabilizzarsi. Dunque, se c’è una critica da muovere al progetto giovanile bianconero è questa: l’under 23 applicato alla Juve bis è l’ennesima zavorra di una cultura calcistica, quella italiana, che fa fatica ad osare e andare oltre, ai massimi livelli possibili. Paragonati agli spagnoli che buttano in pista un loro giocatore del vivaio nella Liga anche a 16 o 17 anni, fatichiamo parecchio. Speriamo che questo sia un primo passo per una ulteriore evoluzione: magari un under 20, o – perché no – anche un under 19. Far crescere il più velocemente possibile deve essere la priorità.