Quando nella stagione 2013-2015 Daniele Rugani incantò con le sue convincenti prestazioni a Empoli, senza farsi mai ammonire, cosa più unica che rara per i difensori attuali, molti rividero in lui il nuovo Scirea. L’immenso Gaetano, per sempre leggenda juventina, è inarrivabile per chiunque, ma Rugani arrivando alla Juventus dopo quell’anno in Toscana, dovette confrontarsi con una realtà difficilissima.
Da giovane promessa del Calcio italiano, Daniele scivolò pian piano ai margini, diventando una riserva della squadra e soffrendo l’impatto di giocare in una delle squadre dalla maglia più pesante al mondo. Rugani però non si è arreso. Ha continuato ad allenarsi, a lavorare, a stringere i denti, incassando ora critiche, talvolta feroci da un tifo, quello bianconero, spesso troppo severo con i suoi giocatori e un po’ troppo nostalgico verso chi invece è andato via, ora guadagnandosi complimenti e lodi. Con il tempo Daniele ha saputo così ritagliarsi un suo ruolo, un suo posto in rosa, al punto che oggi sembra imminente un suo rinnovo.
Rugani infatti si può definire il dodicesimo uomo, la prima riserva del pacchetto difensivo, sempre pronto a scendere in campo, a lottare, a sfidare critiche e scetticismo, fare il suo e poi ritornare nei ranghi, senza lamentarsi, senza piantare grane, senza seminare zizzania nello spogliatoio, come invece fatto da altri suoi compagni ben più titolati e celebrati. Passano i tempi, gli allenatori e i giocatori, ma Rugani è lì. Come una certezza, un punto fermo, un’ancora stabile. La BBC non c’è più e oggi altri difensori formano il pacchetto arretrato juventino, come l’affidabile Danilo, il possente Bremer, l’esplosivo Gatti, l’esperto Alex Sandro, ma Rugani, ultimo tassello degli ultimi gloriosi anni di vittorie e dominio bianconero, è ancora lì.
Per Massimiliano Allegri Daniele è una certezza su cui contare. Nelle emergenze si è fatto trovare sempre pronto, sfidando e spesso annullando forti attaccanti avversari. Nell’anno solare si è confrontato con gente del calibro di Osimhen, Giroud, Leao, senza concedere nulla, per poi, in silenzio, tornare in panchina in attesa della prossima opportunità, della nuova chiamata da parte di Allegri che pure ha dimostrato di credere in lui. Daniele è così, silenzioso, umile, un professionista vero, in rispetto di quel vecchio stile juventino, fatto di sacrificio, lavoro e attaccamento alla causa, di cui il grandissimo Gaetano Scirea era monumento e simbolo.
E a dimostrare quanto di questo spirito bianconero possieda Daniele Rugani basta guardare la partita di domenica scorsa allo stadio San Siro di Milano, non tanto nella sua grande prestazione nel francobollare prima Giroud e poi Leao, temutissimi attaccanti rossoneri, ma in quel momento subito successivo al fischio finale, quando ha stretto fra le braccia un commosso Locatelli autore del gol vittoria. Di gente come Daniele Rugani ha bisogno ora la Juventus per ripartire. Ha bisogno del suo stile, del suo carattere e di quell’animo tutto juventino, fatto di dedizione al lavoro e indifferente verso ciò che si dice e accade fuori, per tornare grande.