La Juve ruba, la Juve è ladra, la Juve non merita ciò che ha vinto. Giri infiniti di parole che siamo costretti a sorbirci da decenni ma che con le statistiche hanno poco a che fare, se andiamo a vedere le partite singole. È un discorso che è valso per Calciopoli e le sue intercettazioni pesate in modo nettamente differenziato, e lo è per quanto accaduto sabato sera, in una partita che è finita 1 a 0 in pieno recupero ma che nella sostanza dei fatti aveva visto ben tre reti bianconere, dimostrandosi senza storia anche nel gioco espresso e nei valori in campo.
La Juve ruba così tanto che viene inchiodata sullo 0 a 0 fino al novantesimo per un tacchetto e una sbracciata quasi inventata dell’attaccante incriminato. In entrambe le occasioni, è Moise Kean a insaccarla, ma non va bene, perché la scienza è scienza, come ha provato a giustificare anche Graziano Cesari, non potendo negare però la assoluta legittimità della seconda segnatura.
La domanda è sempre la stessa: cosa sarebbe accaduto se ciò che si è visto contro il Verona sabato sera fosse avvenuto ai danni di una qualsiasi squadra tra Roma, Napoli o la “solita” Inter? La risposta è solo una: il putiferio. Bisognerebbe mettere in fila gli eventi per dimostrare quanto l’invidia si tramuti in presunta giustizia calcistica, con un unico scopo: sognare un mondo fantastico in cui si sia vinto non dico in modo paragonabile, ma almeno la metà di quanto ottenuto da una società come la Juventus in Italia.
Due gol annullati in una partita sono medie da Corea 2002. Ovvero lo scandalo peggiore della storia del calcio mondiale, probabilmente, sebbene passato sotto silenzio. La questione, ovviamente, è puramente polemica: se l’arbitro sbaglia, la mentalità giusta è provare ad essere più forti di tutto e di tutti. Non quella di piangere. A noi interessa molto poco del furto tentato sabato sera. Ci interessa, questo sì, sbattere in faccia all’idiozia antijuventina tutta la sua contraddizione pseudo-moralista.